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6 novembre 2011

Dylan Dog - Il Film



TITOLO ORIGINALE: Dylan Dog: Dead Of The Night
REGISTA: Kevin Munroe
ANNO DI USCITA: 2011
DURATA: 103’
PAESE:
USA
VOTO: 45




Una produzione americana ispirata ad un fumetto italianissimo è una bella gratificazione e rende anche piuttosto orgogliosi. Dylan Dog, vero e proprio fumetto di culto soprattutto negli anni ’90, arriva sul grande schermo dopo una prima comparsata nelle vesti non proprio consone di becchino in Dellamorte Dellamore. In realtà in quel caso non si trattava del personaggio Dylan Dog, ma di uno comunque immaginato dalla mente – all’epoca – fertile di Tiziano Sclavi, che successivamente rimodellò il protagonista che divenne il finale personaggio del fumetto. Stavolta invece ci troviamo di fronte ad una vera trasposizione su pellicola dell’indagatore dell’incubo ma, come non si tarderà a capire guardando il film, non si tratta neanche lontanamente di una riproposizione fedele né delle atmosfere della serie né del target delle storie che siamo stati abituati a leggere.

Dylan vive a New Orleans e di mestiere fa l’investigatore privato. Si, proprio quelli impegnati a pedinare mogli o mariti infedeli ed a fornire le prove dei tradimenti. Già immagino gli occhi strabuzzati che, chi tra voi è familiare col fumetto, avrà fatto. Ma come si diceva in apertura, non essendo il film una vera e propria ricostruzione fedele, è bene cercare di analizzarlo per ciò che è piuttosto che per quello che avrebbe dovuto – o avremmo sperato – essere. Se non siete disposti a questo “esercizio”, è bene chiudere subito questa recensione e non pensare nemmeno lontanamente di avvicinarsi al film. E’ bene dirlo subito infatti: per gli amanti della serie quest’opera di Kevin Munroe non può che rappresentare una totale delusione nonché, per certi versi, quasi un insulto alla serie. Dicevamo…scordiamoci Groucho, l’assistente ironico e vulcanico, qui sostituito da Marcus, personaggio che nel corso della trama si evolverà per diventare una simpatica spalla zombie. Una volta presentato l’attuale lavoro di Dylan ed i casi di cui si occupa, chiaramente la trama virerà su lidi più orrorifici proponendo il caso di una uccisione violenta che, a parere di Dylan stesso, è opera di un lupo mannaro. Inizialmente restio ad occuparsi del caso per via di oscuri riferimenti al passato, l’investigatore finirà per farsi coinvolgere nel momento in cui il suo amico ed assistente Marcus verrà anch’egli ucciso. Rispolverata la camicia rossa e la giacca nera d’ordinanza, Dylan si getterà alla ricerca dei motivi di quegli omicidi, svelando man mano un contesto di clan di vampiri rivali di clan di licantropi (Underworld?) e di gruppi di morti viventi stralunati e che si riuniscono in sedute sul modello degli alcolisti anonimi. In questo scenario Dylan pare muoversi benissimo, dimostrando di conoscerlo alla perfezione, e ben presto spiegherà qual era in passato il suo ruolo, ovvero quello di ispettore super partes volto a proteggere i cosiddetti mostri da sé stessi, nei casi in cui venivano meno al rispetto delle regole.

Come ben si può evincere da questa sommaria descrizione, il focus del film è quello di presentare un mondo in cui i mostri vivono e si confondono tra noi, e si combattono tra di loro in nome di antiche rivalità o di possesso di mitologici manufatti. Dylan è un personaggio fortemente nichilista e con una ferita enorme dentro, causata da un dramma avvenuto qualche anno prima. La sua psicologia è tagliata con l’accetta, ed è piuttosto monocorde nel suo essere sempre e comunque imperterrito e privo di emozioni. La qualità dei dialoghi è a tratti quasi imbarazzante, soprattutto quando si svolgono con i mostri. Alcuni momenti trash mica da ridere, giusto per rendere l’idea. Un vampiro viene bloccato ed interrogato da Dylan, e ad una sua domanda scomoda risponde “Mordimelo”. A Marcus zombie viene staccato un braccio e prende ad usarlo come oggetto contundente, portandoselo poi fieramente in spalla a mo’ di mazza da baseball. C’è una trovata che invece ho trovato divertente, quella del body shop, dove gli zombie vanno ad acquistare pezzi di ricambio quando alcune parti del loro corpo marciscono.

Dare un giudizio è quasi superfluo, poiché il film è inaccettabile dal punto di vista di chi conosce ed ama il fumetto, e mediocre per chi lo guarda senza avere idea del mondo a cui si ispira. E’ evidente il tentativo di elaborare il personaggio ed il mondo in cui si muove in modo da renderlo adatto ad una narrazione cinematografica, ma mi sento di dire che questo tentativo ha finito per produrre un risultato in cui a vincere è la mancanza di originalità ed un’americanità di contesto e dialoghi che finiscono per rendere ancora più banale una trama già di suo assai traballante. Occasione persa, insomma. A conclusione di questa recensione, mi sento di fare una considerazione personale. Il vero rimpianto è che un regista italiano non abbia pensato, o non abbia avuto modo, di girare un film su Dylan Dog nei primi anni Novanta, quando la serie era nel suo periodo di massimo splendore e Tiziano Sclavi – il suo creatore, peraltro omaggiato nel film – non era ancora entrato nel suo periodo di totale stasi creativa. Sono abbastanza certo del fatto che ne sarebbe uscito un film fedele e di tutt’altro spessore. Ma è inutile piangere sul sangue versato…





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2 commenti:

サラ 八 ha detto...

Ero davvero felice quando ho saputo che avrebbero fatto un film su Dylan Dog, amo questo fumetto nonostante io sia nata nel '90 e non abbia potuto assistere al suo "momento di massimo splendore", ma mi piace comunque pensare che ora sia diventata una cosa di nicchia; far parte di qualcosa di troppo poco "mainstream" mi aggrada, mi risolleva pensando al fatto che non ho potuto assistere alla sua ascesa tra i giovani più grandi di me di dieci anni.
Detto questo, mi son procurata il film e al primo "Giuda Ballerino" ho chiuso tutto e son tornata a guardarmi True Blood.
Anche solo l'orribile espressione che aveva mi ha fatto cadere ogni sentimento.
Ho anche letto in giro "Fortuna che non è stato Ian Somerhalder ad interpretare Dylan Dog". Fortuna? Se ci fosse stato lui avrei avuto un motivo per guardarlo, gli occhi avrebbero avuto la loro parte! O forse Ian mi sarebbe sceso dal piedistallo, chissà.
Comunque giuro, ci ho realmente provato a guardarlo con gli occhi di una persona che non si aspettava granché e tentare di non rivederci l'opera di Tiziano Sclavi, ripetendomi "Non c'entra niente, è una cosa a sé". Ma non ho potuto fare di meglio.

Unknown ha detto...

Gli adattamenti cinematografici non sono semplici, ancor meno quando basati su opere di natura seriale come fumetti o videogiochi. E lo sono ancor meno quando il fumetto in questione è una sorta di fenomeno di costume, con protagonista un personaggio dai contorni ben definiti e che i lettori conoscono a menadito in ogni sua sfaccettatura. Io ho compreso il tentativo di Munroe e soci di rendere omaggio a Dylan Dog rendendo allo stesso tempo il film un episodio unico e distinto. L'ho capito e l'ho rispettato. Il problema risiede nel fatto che il risultato finale è scadente, e lo è a prescindere dal fatto che si sia o meno fan della serie.
Ti confesso che considerando la trama ed il tono del film, preferisco che non sia stato coinvolto - per ragioni che non conosco - Rupert Everett, ovvero il Dylan in carne ed ossa. Lo preferisco perchè non avrei mai voluto vedere la sua espressione ed il suo volto associati a qualcosa che di Dylan non ha davvero nulla.
A non guardarlo fino in fondo non ti sei persa granché, quindi comprendo la tua scelta, fidati.

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