TITOLO ORIGINALE: Gothic
REGISTA: Ken Russell
ANNO DI USCITA: 1986
DURATA: 87’
PAESE: Gran Bretagna
VOTO: 45
La
notte di villa Diodati, nei pressi di Ginevra, che si dice diede vita al
vampiro di Polidori ed al Frankenstein di Mary Shelley. Indubbiamente, quella notte dal sapore mitologico e
leggendario esercita un grande fascino sullo stuolo di amanti del genere
gotico, per quanto sia piuttosto avventuroso affermare che fu nel corso di
quella notte che nacquero le storie appena citate. Tuttavia, al di là di tutti
i significati che si vogliano vedere dietro, la possibilità di sbirciare
all’interno di quella villa e proprio nel corso di quella notte è assai
invitante, pertanto tuffiamoci senza ulteriori indugi nella Svizzera di inizio
XIX secolo.
Lord Byron, poeta dalla controversa vita, ospita nella villa l’amico Percy Bysshe Shelley, poeta romantico, la sua compagna Mary, la di lei sorellastra Claire ed il medico nonché suo biografo John William Polidori. Tra amori clandestini, perversioni, passioni e paure, la notte scivolerà rapidamente, grazie all’aiuto di un libro di storie sui fantasmi e a uno smodato uso di oppio e laudano, verso l’onirismo più totale. Realtà e immaginazione si fondono di continuo fino a penetrare l’uno nell’altra, facendo oltretutto perdere il focus di quello che lo spettatore riteneva fosse lo spirito stesso del film.
Lord Byron, poeta dalla controversa vita, ospita nella villa l’amico Percy Bysshe Shelley, poeta romantico, la sua compagna Mary, la di lei sorellastra Claire ed il medico nonché suo biografo John William Polidori. Tra amori clandestini, perversioni, passioni e paure, la notte scivolerà rapidamente, grazie all’aiuto di un libro di storie sui fantasmi e a uno smodato uso di oppio e laudano, verso l’onirismo più totale. Realtà e immaginazione si fondono di continuo fino a penetrare l’uno nell’altra, facendo oltretutto perdere il focus di quello che lo spettatore riteneva fosse lo spirito stesso del film.
Russell è un regista dotato e
caratteristico, pieno di tocchi visionari, ma il soggetto è fiacco, tendente
all’assurdo e lontano dal descrivere il fascino della nascita di una leggenda.
I riferimenti ai romanzi gotici si limitano ai titoli che cita Byron, e non basta un quadro di Fussli, l’Incubo, a connotare una trama
che finisce per aggrovigliarsi su sé stessa e destrutturarsi fino a perdere
ogni filo, affogando nello stesso laudano di cui i personaggi, tutti tra il
paranoico, l’ossessionato e lo psicotico, fanno un largo consumo.
Nonostante
un inizio incoraggiante, quindi, dove a farla da padrone vi è l’originalità dei
due poeti e la poesia stessa, elargita tramite dialoghi discreti, la pellicola
a partire dalla mezz’ora annega in un mare di visioni e paranoie dei
personaggi, tra perversioni, desideri inconfessabili, tradimenti, incesti e
quant’altro, tanto che alla fine viene completamente perso di vista il motivo
che stava alla base stessa del film, ovvero la creazione e la nascita di opere
fondamentali nello sviluppo di un genere. Peccato, occasione persa e film
francamente evitabile.
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