TITOLO ORIGINALE: Blood On Satan's Claw
REGISTA: Piers Haggard
ANNO DI USCITA: 1970
DURATA: 100’
PAESE: Gran Bretagna
VOTO: 60
Quando incorro in film che non
conoscevo e che hanno l’aria di una produzione decente, sono quasi sempre ben
disposto. Nel caso specifico, inoltre, sono stato ulteriormente corroborato
dall’atmosfera particolare dell’ambientazione, un piccolo villaggio inglese del
XII secolo. Film in costume, dunque, in una località sperduta ed abitata da
persone per forza di cose superstiziose ed ignoranti. Elementi che potevano
essere perfetti per una buona storia a cavallo tra religione e stregoneria.
Purtroppo, le note positive
finiscono quasi del tutto qui. Da questo momento in poi, infatti, la vicenda
vira verso una inspiegabile – ed inspiegata – possessione che parte dai ragazzi
e che via via si espande. Si riuniscono nei boschi, adorando Satana e
comportandosi come cultori del paganesimo. Si macchiano di delitti, compiono
riti. Si miscela insomma stregoneria, satanismo e vero e proprio contagio
fisico, che si manifesta sotto forma di un ciuffo di peli che compare sul corpo
degli ammorbati. Iniziano a evidenziarsi le debolezze del soggetto, ma
soprattutto fanno capolino un’alternanza di episodi abbastanza isolati dalla
trama generale e che sono discontinui in modo imbarazzante dal punto di vista
qualitativo.
Per rendere l’idea, si pensi alla
validissima sequenza del sogno del giovane contadino, quando convinto di essere
attaccato da un essere demoniaco afferra un pugnale e prende a colpirlo, per
poi svegliarsi e rendersi conto di essersi amputato una mano. Di contro, si
trovano eventi assurdi come il gruppo di paesani che afferrano una ragazza
sospettata di essere seguace del demonio e la gettano in un lago. La ragazza
non torna a galla nonostante l’acqua sia calmissima, ma cosa ancor peggiore, un
giovane si getta in acqua per portarla in salvo e, udite udite, quando arriva
nel punto in cui si trova la ragazza, l’acqua non gli arriva nemmeno alla
cintola dei pantaloni! Come risulta ormai evidente, lo sviluppo della vicenda
non rispetta le buone premesse ed il fascino dell’ambientazione medievale, che
nelle battute iniziali era gustoso e affascinante, viene malamente sprecato.
Anche i personaggi sono sviluppati male: uno su tutti, il giudice, integerrimo
e razionale, che nel giro di cinque secondi crede a qualsiasi superstizione e
assume un tono grave manco fosse un esperto di occultismo. Peccato, occasione
sciupata, ma in ogni caso non si tratta di una pellicola fallimentare. Qualche
buon momento e la parte iniziale sono elementi sufficienti per giustificare la
riscoperta di questa misconosciuta produzione inglese.
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