TITOLO ORIGINALE: The Devil Inside
REGISTA: William Brent Bell
ANNO DI USCITA: 2012
DURATA: 80’
PAESE: USA
VOTO: 20
Ci provo. Giuro che ci provo a
scrivere una recensione per quanto possibile seria e priva di volgarità,
seguendo il manuale del bravo scribacchino del web. Terzo film di William Brent Bell, che abbraccia con
entusiasmo due generi piuttosto battuti negli ultimi anni: il mockumentary e la
possessione. La vicenda affonda le sue radici in un episodio di cronaca
avvenuto nel 1989 negli Stati Uniti: una donna, nel corso di un esorcismo,
uccide una suora e due preti, per poi chiamare la polizia e confessare il
delitto. Verrà assolta per infermità mentale e trasferita in un ospedale psichiatrico
a Roma.
Della trama, in realtà, c’è poco
da dire: una volta giunta in Italia, Isabella si intrufola in una scuola d’esorcismo
dove conosce due preti sovversivi che praticano esorcismi senza autorizzazione
da parte del Vaticano. Va a far visita alla madre, evidentemente fuori di sé e
con scatti inquietanti, e si convince del suo essere posseduta. I preti
accetteranno di buon grado di aiutarla, non prima di averle fatto assistere ad
un loro esorcismo, senza ragione apparente.
I dialoghi sono uno dei pezzi più
terrificanti del film, seguiti dai comportamenti totalmente fuori logica dei
quattro protagonisti. Gli scambi e le discussioni sono banali, poco credibili,
debolissimi, rivelando dei personaggi delineati superficialmente da una
sceneggiatura assai deficitaria e tirata via. Manca l’approfondimento sulla
vicenda, manca il realismo delle azioni/reazioni, e tutto prende, dopo il primo
quarto d’ora e l’incontro con la madre, una discesa qualitativa impervia e
inarrestabile. Da razzie award immediato honoris causa la sequenza della
discussione tra i due preti e la ragazza a proposito della necessità di
praticare un esorcismo nei confronti di Maria. Ma chiaramente non basta.
Dobbiamo anche sorbirci il tanto atteso esorcismo, che si terrà – udite udite!
– all’interno dell’ospedale psichiatrico, chiusi a chiave in una stanza,
perché, come con grande lungimiranza uno dei due preti, il più esaltato, dice
all’altro, durante la visita alla paziente c’è il diritto alla privacy.
Brillante.
La pochezza del film si manifesta
in tutti i suoi aspetti: realizzazione tecnica e regia sono mediocri, ma non
poi così terribili, e soprattutto non sono gli elementi che affossano
irrimediabilmente il giudizio complessivo. Quello che è realmente sotto
qualsiasi standard minimo di sopportazione, come già detto, sono dialoghi e
personaggi, il tutto condito con situazioni risibili. Avete presente quando i
protagonisti di un film vi diventano così tanto antipatici e odiosi che non
attendete altro di vederli finire a pezzettini minuscoli triturati in un
gigantesco frullatore? Ecco, è la sensazione che ho provato io per metà
abbondante del film, raggiungendo livelli ragguardevoli dal quarantesimo minuto
in poi.
C’è tuttavia almeno una cosa de L’Altra Faccia Del Diavolo che lo
salva, almeno in parte: dura 72 minuti effettivi. Ah, dimenticavo che,
chiaramente, il tutto viene presentato come ispirato a fatti reali, con tanto
di sito per informarsi sulle carte del processo – il sito non è manco
raggiungibile, tanto per completare il quadro di tristezza suprema – e come
osteggiato dal Vaticano stesso. Ci tengo a concludere con una considerazione:
non pensate che la stroncatura del film sia dovuta al fatto che sia trash. Il
trash ha una identità e una sua credibilità, anche un suo valore artistico,
paradossalmente. Qui di trash c’è poco o nulla, perché vuole essere una
pellicola seria, drammatica. Quindi, il voto e le considerazioni sono frutto di
un semplice fattore: il film è scarso, ma scarso come non me ne viene in mente
uno, e dico uno. Evitatelo in ogni modo.
0 commenti:
Posta un commento